Di Edoardo Genovesi, pubblicato il 13/01/2016

Per il terzo appuntamento del “FRANZ LISZT FESTIVAL 2015” di Albano Laziale, nella Sala Nobile di Palazzo Savelli, Giacomo Leopardi e Fryderyc Chopin si sono incontrati tramite la lettura di Paola Pitagora e il pianoforte di Anna Lisa Bellini nello spettacolo “Poesia e musica della notte al chiaro di Luna".

Ascoltare le celebri composizioni di Chopin sui versi di Leopardi, uno dei più grandi poeti dell’ ‘800, se non il più grande, ha trascinato l’ascoltatore nel romanticismo più ricolmo di sentimento, senso del sublime, e delle profondità oscure dell’anima umana. Forse questi due geni rappresentano l’uno l’apice del romanticismo in musica e l’altro l’apice del romanticismo in poesia, e avevano probabilmente molte più cose in comune di quelle che si possono semplicemente ascoltare dalle loro opere d’eterna memoria. Tant’è che può risultare scontato il successo di questo binomio, ché dal loro repertorio artistico e biografico lasciano entrambi vibrare immensamente le corde più intime del cuore di chi li ammira.

Meno scontato, anzi molto suggestivo, è stato rievocare la poesia del genio di Recanati e la musica del “Poeta del pianoforte” interpretati da due donne, di cui la sensibilità femminile nei confronti di questi due grandi romantici non può che rivelarsi in rapporto anche d’amore oltre che di ammirazione. Entrambe queste straordinarie interpreti hanno raccontato il loro autore, Paola Pitagora illustrando la vita del poeta tramite le parole delle sue poesie ma anche tramite le riflessioni del critico Pietro Citati, e se poteva sembrare uno spettacolo che ricordasse solo il personaggio di Giacomo Leopardi al cui racconto la musica faceva da colonna sonora, in realtà in parallelo la musica di Chopin si raccontava per sé stessa attraverso le dita cristalline della Bellini, perché lo spessore di quest’ultimo si può trasmettere appieno solo attraverso le sue note, così come la grandezza del “Poeta dell’infinito” può essere rievocata solo con i suoi versi.

Così mentre è stato possibile seguire i passi di Giacomo, dal suo amore-odio per Recanati e per la siepe da cui gli “sovvenne l’eterno”, alla sua noia di Roma, la delizia per il flutti dell’Arno a Pisa, ai suoi ultimi giorni a Napoli, di Chopin ascoltiamo le stesse note, gli stessi tormenti, la lontananza dalla patria, gli amori, la stessa lirica inquieta e smarrita nell’oceano dell’immensità, alle prese con la natura umana.
La vita di Leopardi è stata raccontata anche con molta ironia, perché per sé stesso il poeta usava molta autoironia al di là delle diffuse riflessioni che spesso con troppa facilità si vogliono racchiudere sotto il termine di “pessimismo”. Vediamo il poeta lentamente dissiparsi portando la sua anima sulle pagine con l’inchiostro e consumando il suo corpo nella malattia, finché infine invoca “Ad Arimane” a cui chiede di morire prima dei 40 anni, e così come Chopin, che negli ultimi giorni della sua vita la malattia lo portò a pesare 49 kg, morirono entrambi a 39 anni.
Sono stati proposti alcuni tra i loro capolavori più famosi come le poesie “A silvia”, “La sera del dì di festa”, “L’infinito”, di Chopin alcuni tra i più belli studi tratti dall’Op. 10 e op.25 e altri componimenti di straordinaria profondità espressiva e difficoltà tecnica perfettamente dominata da Anna Lisa Bellini. Ma è bene ricordare il luogo di incontro che accomuna questi due artisti, benché di arti ben distinte, il “notturno”.
Infatti, quest’ultimo è sia il componimento musicale destinato ad essere eseguito per l’appunto di notte, sia un componimento letterario di carattere malinconico, lirico e intimo. Sia Leopardi che Chopin furono grandi maestri di questa forma di espressione che mira alla luna, Paola Pitagora e Anna Lisa Bellini li hanno ricordati meravigliosamente attraverso i magnifici “Notturno op. 27 n. 2” che accompagnava la prima lettura “A sé stesso” e il “Notturno op.9 n.1” leggendo il “Canto di un pastore errante”. Il fuori programma del “Tramonto della luna” in questo senso è stato semplicemente un finale perfetto.

Di Edoardo Genovesi, pubblicato il 13/01/2016 - Il Gufetto L'altro magazine